
La Notte delle Streghe e la Ciumacata: mistero, gusto e tradizione a Roma
Oggi, 24 giugno, si festeggia San Giovanni, una giornata che a Roma, così come in molte altre città e paesini sparsi per l’Italia, un tempo significava festa grande, anticipata da una notte magica, popolata da streghe e… lumache! Scoprite insieme a me perché questa festa è così importante e misteriosa e, se volete, cimentatevi nella “ciumacata”, la zuppa di lumache di cui vi regalo la ricetta tradizionale.
I racconti e le atmosfere legate al 23 e al 24 giugno si proiettano molto lontano nel tempo, confondendosi tra sacro e profano. Fin dall’antichità, infatti, in questo periodo si usava festeggiare il solstizio estivo, il punto di declinazione massima del sole, il giorno più lungo, con omaggi e riti di venerazione in onore del Dio Sole. Nel corso del tempo, tradizioni antiche, pagane e ritualità cristiane si sono confuse e amalgamate, dando origine a riti, festeggiamenti e credenze che, in alcune aree rurali, sono ancora vivide.
Il 23 giugno era conosciuta, infatti, come la notte delle streghe (o anche notte di San Giovanni), e tutte le campagne e le città, dal Nord al Sud Italia, si riempivano di imponenti fuochi, per mettere in fuga il maligno, proteggere i raccolti e dare vita a focolari propiziatori prima che arrivasse l’alba e sopraggiungesse il fuoco e il regalo più grande di tutti: il sole.
I romani si davano appuntamento a San Giovanni, vicino alla Basilica illuminata da fiaccole e lampioni, per veder sorvolare streghe, demoni e spiriti maligni! Prima di uscire di casa, però, benedicevano le stanze e il letto con l’acqua santa, lasciavano un barattolo di sale sulla soglia, incrociavano le scope venivano incrociate e recitavano alcune preghiere per proteggere la dimora.
È il grande Giggi Zanazzo a regalarci una testimonianza di queste usanze e dei metodi utilizzati per individuare le streghe che svolazzavano sopra la Basilica e per proteggere la propria casa con sale, croci e scope.
“La viggija de San Giuvanni, si usa la notte d’annà, come sapete, a San Giuvanni Latterano apregà er Santo e a magnà le lumache in de l’osterie e in de le baracche che se fanno appostatamente pe’ quela notte. (…)
Ce s’annava co’ le torcie accese o cco’ le lenterne, perchè era scuro scuro allora, pe’ divozzione davero, e pe’ vedè le streghe. Come se faceva pe’ vedelle? Uno se portava un bastone fatto in cima a forcina, e quanno stava sur posto, metteva er barbozzo drento a la furcina, e in quer modo poteva vede’ benissimo tutte le streghe che passàveno laggiù verso Santa Croce in Gerusalemme, e verso la salita de li Spiriti. (…)
S’intenne che prima d’uscì’ da casa, de fôra de la porta, ce se metteva la scopa e er barattolo der sale. (…) Pe’ non faccele poi avvicinà pe’ gnente, bastava mettere su la porta de casa du’ scope messe in croce. Come la strega vedeva la croce, er fugge je serviva pe’ companatico!”
Le fanciulle, invece, specie le ragazze nubili, alla vigilia della festa di San Giovanni raccoglievano fino a cento erbe differenti (tra cui petali di rosa, fiori di lavanda, biancospino, salvia, artemisia, iperico…) per preparare l’acqua di San Giovanni. Lasciavano macerare le erbe raccolte fuori dalla finestra e, al mattino, ci si rinfrescavano e lavavano.
Un ruolo miracoloso e misterioso era attribuito alla rugiada, chiamata Rugiada di San Giovanni, che si pensava avesse il potere di togliere tutti i mali. Si camminava scalzi sui prati oppure, come in provincia di Viterbo, ci si rotolava sopra. In alcune parti, veniva anche raccolta con un cucchiaio per essere bevuta.
Nel ‘900, l’appuntamento notturno in Piazza San Giovanni si trasformò in una grande occasione di festa, allegra, chiassosa e, naturalmente (come te sbaji?), mangereccia! Si faceva rumore con campanacci, tamburelli e petardi per spaventare le streghe e in molti si facevano anche il bagno nel Tevere, per godere delle proprietà benefiche di cui si pensava si arricchissero le acque in quella notte magica. Si brindava con vino dei Castelli, si intonavano canti e stornelli, ci si incontrava e si mangiava tutti insieme in grandi tavolate allestite per l’occasione in piazza all’aperto.
Cosa si mangiava? Le ciumache! Le lumache rappresentavano il piatto tipico della festa di San Giovanni perché, con le loro corna, rappresentavano discordie, risentimenti accumulati e preoccupazioni. Ecco perché si pensava che, mangiandole tutti insieme, riuscissero ad esorcizzasse il male e permettessero a amici, parenti e fidanzati di riappacificarsi.
Oltre che beneauguanti, le lumache erano e sono una vera ghiottoneria per i Romani. Il primo allevatore risale addirittura all’Antica Roma: Fulvio Lippino le importava dalla costa nordafricana, spagnola e da altre parti del mondo, fino a quando i Romani non iniziarono a dotarsi di piccoli allevamenti in casa recentati, chiamati “cocleari”.
Il piatto più diffuso a San Giovanni è la zuppa di lumache. Come promesso, vi regalo la ricetta di questa zuppa, chiamata ciumacata, appartenente ai ricettari della mia famiglia, così che possiate festeggiare anche voi questa giornata con un pasto gustoso e beneaugurale. Buona preparazione e buona festa di San Giovanni!
Spurgare le lumache per 2 o 3 giorni, lasciandole in un
cestino ben coperto, che lasci traspirare l’aria con qualche
foglia di lattuga e mollica di pane spugnata nel latte e strizzata.
Lavate ripetutamente in acqua, aceto e sale, finendo
con un risciacquo in acqua corrente. Le lumache vengono,
quindi, bollite lentamente per 10-15 minuti, mentre si prepara
il condimento: sugo con pomodoro, mentuccia, aglio,
olio, pepe e acciughe.